“La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia.” (“Evangelii Gaudium” di Papa Francesco.)
«C’è bisogno di cristiani – ha detto Francesco – che rendano visibile agli uomini di oggi la misericordia di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura. Sappiamo tutti che la crisi dell’umanità contemporanea non è superficiale ma profonda. Per questo la nuova evangelizzazione, mentre chiama ad avere il coraggio di andare controcorrente, di convertirsi dagli idoli all’unico vero Dio, non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole». Ogni battezzato è «un “cristoforo”, portatore di Cristo, come dicevano gli antichi santi Padri. Chi ha incontrato Cristo, come la Samaritana al pozzo, non può tenere per sé questa esperienza… C’è da chiedersi tutti se chi ci incontra percepisce nella nostra vita il calore della fede, vede nel nostro volto la gioia di avere incontrato Cristo!»
Annunciare la Buona Novella della risurrezione non è per i cristiani parlare di una dottrina da imparare a memoria o del contenuto di una sapienza da meditare. Evangelizzare è innanzitutto testimoniare una trasformazione all’interno stesso dell’essere umano: con la risurrezione di Cristo, è la nostra stessa risurrezione che è già iniziata. Per il suo infinito rispetto nei confronti di coloro che incontrava (visibile attraverso le guarigioni riportate nei Vangeli), con il suo abbassamento per non lasciare nessuno più in basso di lui (è il senso del suo battesimo), il Cristo Gesù ha ridato valore e dignità a ciascuno. Ancor più: Gesù è stato con noi nella morte, affinché possiamo essere accanto a lui nella sua comunione con il Padre.
La differenza tra catechesi e «primo annuncio»
La differenza tra queste due realtà del mondo dell’evangelizzazione, la spiega bene un parroco francese, don Jean Bondu. Dice: «Se volete introdurre qualcuno alla musica o a una cultura particolare, cercate di aprirlo a questo mondo che lui non conoscere ancora. Non gli farete però dei lunghi discorsi. Per esempio, se volete portare qualcuno ad amare la musica, gli farete sentire i pezzi più belli, magari partendo dalle melodie più semplici e affascinanti. Così se volete proporre la fede a un adulto, a un giovane o a un bambino, dovrete fargli conoscere il mondo di Dio. In che modo? Proponendogli alcune delle più belle espressioni di Gesù o i racconti della sua vita. Lo si introduce nella chiesa facendolo partecipare a qualche celebrazione comunitaria, in un momento in cui si prega o si fa festa. È questo in parole semplici il «primo annuncio».
La catechesi invece è per così dire una seconda tappa, che viene dopo che la persona ha già acquisito interesse verso la fede. Allora potrà, a seconda della sua età e preparazione, scoprire alcune verità teologiche, studiare la Bibbia è impegnarsi in un cammino progressivo di inserimento nella comunità ecclesiale». C’è tuttavia da aggiungere che, nella società attuale, sia con gli adulti che con i nostri ragazzi non si deve praticamente dare per scontato che ci sia stato il «primo annuncio» . Non siamo più, come una volta , in una logica di eredità, dove la fede si trasmetteva attraverso il contesto sociale come una lingua madre, ma in una logica di decisione, di adesione, di convinzione libera e personale».
L’evangelizzazione parte dal nostro cammino credente che chiede una continua conversione perché si possa essere come un terreno fecondo dove il seme della Parola attecchisce, germoglia, cresce e porta frutti, tanto da poter interpellare il cuore e la mente di chi incontriamo perché in piena libertà possa riconoscere la bellezza del Vangelo che opera in noi e, chissà, possa avviare un suo cammino di fede.